Circolari si, ma come?

Qualche tempo fa, in un altro articolo sul TerraBlog, abbiamo parlato di circolarità. Abbiamo discusso della necessità di modificare i nostri modelli di produzione e consumo perché non siano più lineari – ovvero basati su un modello che prevede l’estrazione, l’utilizzo e l’eliminazione delle risorse – ma circolari, così da tenere i prodotti, le loro componenti e i materiali di cui sono fatti in vita il più a lungo possibile.

Questo concetto è anche alla base dell’SDG 12, rinominato infatti “Produzione e Consumo Responsabili”. L’obiettivo di questo SDG è proprio promuovere nuove forme – più consapevoli e responsabili – di utilizzo delle risorse che il pianeta ci mette a disposizione (aria, acqua, terreno, metalli e tutte le altre materie prime possibili), così che possano durare nel tempo e che le prossime generazioni possano averle a disposizione.

Interessante rispetto a questo concetto è un passaggio pronunciato da Ellen MacArthur nella sua TED Talk, in cui parlando del consumo di risorse dice: And the more I learned, the more I started to change my own life. I started traveling less, doing less, using less. It felt like actually doing less was what we had to do. But it sat uneasy with me. It didn’t feel right. It felt like we were buying ourselves time. We were eking things out a bit longer. Even if everybody changed, it wouldn’t solve the problem. It wouldn’t fix the system. It was vital in the transition, but what fascinated me was, in the transition to what? What could actually work?” (** traduzione in calce).

Il punto quindi non è centellinare le materie prime, ma imparare a non dipendere da esse. 

Questo concetto mi affascina moltissimo. Come possiamo modificare il nostro sistema di produzione e consumo di beni in modo che lo sviluppo economico non dipenda più – in maniera direttamente proporzionale – dall’estrazione sconsiderata di risorse del pianeta?

Ed è qui che entrano in gioco le nostre strategie di circolarità. Costruire prodotti circolari non significa infatti (o per lo meno non solo) riciclarli alla fine della loro vita, ma anche adottare tecniche alternative per tenerli in vita a lungo al massimo del loro valore. Ripercorriamo un pò le strategie più celebri a nostra disposizione (di seguito le vedete riassunte nella metà di destra del diagramma a farfalla, quella dedicata ai materiali tecnici).

The butterfly diagram: visualising the circular economy, in ellenmacarthurfoundation.com

Condivisione: tutti i servizi di sharing sono strategie di circolarità. Car sharing, bike sharing e così via sono servizi che permettono di massimizzare l’utilizzo di un prodotto rendendolo accessibile per più utenti nello stesso ciclo di vita.

Manutenzione: per quanto banale possa sembrare, anche la manutenzione è una strategia di circolarità. Progettare i prodotti perché possano essere riparati significa incoraggiarne la riparazione e non lo smaltimento (spesso dovuto ad un solo componente danneggiato).

Ridistribuzione: detto in maniera più terra terra, parliamo di prodotti usati! Quella della redistribuzione è una strategia che permette di rimettere in circolo prodotti ancora nel pieno della loro funzionalità (abbigliamento, mobili, oggetti di qualsiasi tipo) destinandoli a nuovi utilizzatori quando i precedenti non ne hanno più bisogno.

Ricondizionamento: questa strategia ormai è famosa! Si adatta bene ai prodotti tecnologici e consiste proprio nel riportarli allo stato di fabbrica, per poi rivenderli dopo un primo (e magari anche un secondo) ciclo di utilizzo.

Riciclo: l’immancabile! Riciclare significa riportare un prodotto monomaterico allo stadio di materia prima (seconda), perdendone quindi la funzionalità principale ma rimettendolo in circolo come materiale. 

Una cosa importante da considerare poi è questa: la bellezza delle strategie di circolarità è che non devono essere scelte in modo univoco, anzi! Uno stesso prodotto può passare attraverso più strategie: può essere riparato, poi rivenduto, poi ricondizionato e alla fine riciclato, per esempio. Questo approccio viene definito “a cascata”, proprio perché mette in fila diverse strategie nel tentativo di estrarre il massimo valore possibile da un unico prodotto.

Credo sia fondamentale conoscere queste strategie per poter iniziare a guardare i prodotti che ci circondano con occhio sempre diverso, più critico e consapevole. La prossima volta che vi capiterà tra le mani un oggetto e penserete di buttarlo, provate invece a chiedervi: “quale strategia di circolarità potrei adottare (o avrebbe potuto adottare il brand) per farlo vivere più a lungo?”.

** ”E più imparavo, più iniziavo a cambiare la mia vita. Ho iniziato a viaggiare di meno, a fare di meno, a usare di meno. Sembrava che in realtà fare di meno fosse quello che dovevamo fare. Ma era a disagio con me. Non mi sembrava giusto. Sembrava che stessimo guadagnando tempo. Stavamo allungando un po’ le cose. Anche se tutti cambiassero, non risolverebbe il problema. Non risolverebbe il sistema. Era vitale nella transizione, ma ciò che mi affascinava era, nella transizione verso cosa? Cosa potrebbe effettivamente funzionare?”


member

Anna Meda

PM Aziende Leggere TerraLab

Anna Meda, fondatrice del progetto Storie Sfuse e membro di TerraLab Onlus.
Laureata in Service Design e appassionata di sostenibilità ambientale e sociale, si impegna a promuovere stili di vita ad impatto ridotto, nella profonda convinzione che la consapevolezza sia il primo passo verso il cambiamento.

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