Riciclo creativo, tra scatoloni fabbriconi e Art Attack


Sono sempre stata un’amante dei lavoretti: da piccola lo Scatolone Fabbricone è stato un regalo di Natale apprezzatissimo e Art Attack era indubbiamente la mia trasmissione preferita. Creare, fare cose con le mani, era un divertimento assoluto. E lo è ancora, solo che per me oggi questa pratica ha assunto anche un taglio più consapevole.
Se da piccola quello che mi affascinava erano i colori, i materiali e i miscugli di carta igienica e colla vinilica, oggi tra le mie motivazioni c’è anche la volontà di prolungare la vita degli oggetti, per evitare che diventino rifiuti. Insomma, c’è una dose di consapevolezza anti-spreco in più, nei miei lavoretti attuali.
Questa tipologia di lavoretti può essere più propriamente definita “riciclo creativo”, termine che indica la pratica di dare ad un prodotto arrivato alla fine di un suo ciclo di vita un nuovo valore. Non lo si butta trasformandolo in un rifiuto, lo si trasforma in qualcosa di nuovo e a maggior valore. Un esempio? L’anima del rotolo di carta igienica, che non butto via ma trasformo in un pacchetto regalo.
In inglese questa pratica viene definita upcycling ed è interessante conoscere l’origine del termine, comparso per la prima volta in un articolo dell’ottobre 1994 sulla rivista di architettura Salvo, in un’intervista all’ingegnere meccanico Reiner Pilz: “Recycling, I call it down-cycling. They smash bricks, they smash everything. What we need is up-cycling, where old products are given more value, not less”.
E questo è proprio il principio che sta dietro il riciclo creativo: non ridurre un oggetto a rifiuto (sapendo che probabilmente verrà distrutto per riciclarne i materiali), ma dargli nuova vita trasformandolo in altro, facendogli riguadagnare valore.
Ovviamente tutto questo può essere inteso sia a livello industriale (per esempio, l’upcycling delle suole di scarpe vecchie dà origine a pavimentazioni per parchi giochi o piste da atletica) o a livello domestico, con i tappi di sughero trasformati in sottobicchieri.
Ma perché impegnarsi nel riciclo creativo? Io ritengo che questa attività abbia alcuni vantaggi significativi, e provo a condividerli.


Lunga vita agli oggetti (che già abbiamo!)
Questo ormai è chiaro! Trovare nuovi utilizzi per prodotti che sembrerebbero aver raggiunto la fine della loro vita utile è un modo per evitare la produzione di un rifiuto, che sappiamo significare spreco di risorse. Inoltre impegnarci a dare nuova vita agli oggetti spesso spinge a sviluppare un legame più forte nei loro confronti, incoraggiandoci a prendercene cura.
Mani in pasta
Il riciclo creativo consente di esercitare la nostra capacità progettuale e applicativa. Credo che questo sia un aspetto estremamente positivo ma anche molto sottovalutato. Esercitare il pensiero creativo e la manualità è invece molto importante per sviluppare un approccio pratico e concreto.
Una forma di meditazione alternativa
O almeno, per me è così. Lavorare ad attività pratiche mi aiuta a svuotare la mente e concentrarmi solo su ciò che sto facendo. Mi permette di rallentare i pensieri e non affannarmi dietro liste infinite di cose che dovrei fare.


Money, money, money
Più impariamo ad ingegnarci, più soluzioni creative riusciremo a trovare per le necessità che possono sorgere nella vita di tutti i giorni. Spesso poi si tratta di necessità sporadiche, per cui acquistare un prodotto dedicato può non rappresentare un ottimo investimento. E allora vale la pena di chiedersi: cosa abbiamo in casa che potremmo modificare/trasformare per renderlo adatto alle nostre esigenze? L’arte dell’arrangiarsi porta sempre un po’ di risparmio!
Insomma, i vantaggi ci sono! Si tratta proprio di cambiare il nostro approccio agli oggetti: non sono solo “cose” di cui liberarci quando non servono più, ma un insieme di risorse da valorizzare al massimo delle nostre possibilità.
La prossima volta che vi capiterà di avere tra le mani un oggetto che vorreste buttare provate a chiedervi “come potrei riutilizzarlo?”. Oppure al contrario, la prossima volta che avrete bisogno di acquistare qualcosa, provate prima a guardarvi intorno e a chiedervi “cosa potrebbe fare al caso mio tra le cose che ho in casa?”.
La risposta potrebbe essere ad un paio di modifiche da voi.


Anna Meda
PM Aziende Leggere TerraLab
Anna Meda, fondatrice del progetto Storie Sfuse e membro di TerraLab Onlus.
Laureata in Service Design e appassionata di sostenibilità ambientale e sociale, si impegna a promuovere stili di vita ad impatto ridotto, nella profonda convinzione che la consapevolezza sia il primo passo verso il cambiamento.